mercoledì 9 aprile 2014

La facoltà di agraria si potrebbe chiamare dell'agroalimentare e del benessere per Lecce

ECCO IL TESTO DELLA PETIZIONE!

-AL RETTORE DELL’UNIVERSITA’ DEL GRANDE SALENTO
- AL SENATO ACCADEMICO
- AL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
- ALLE ISTITUZIONI SALENTINE
L O R O S E D I

PERCHE’ URGE IL CORSO DI LAUREA IN SCIENZE AGROALIMENTARI-ENOGATROMICO-TURISTICHE.

Più e più volte è stata richiesta, in più sedi istituzionali, la istituzione della Facoltà di Agraria nel Salento e non vi è mai stata! Se questo è accaduto vuol dire che ci sono state ragioni (non sempre valide), che lo hanno impedito. Vuoi quelle di un’agricoltura caratterizzata da tanta arretratezza, dal frazionamento delle aziende, dalla scarsissima propensione all’intrapresa, dal non orientamento al mercato dei suoi prodotti; vuoi perché dai campi si scappava perché quella che lì si svolgeva, non era vita civile, degna di essere vissuta. Tant’è, che, il cafone e/o il villano, sono stati sempre collocati nell’ultimo gradino della scala sociale.

Ma c’è una ragione, che racchiude tutte le altre: la rendita agraria ha impedito ogni vera trasformazione dei rapporti di produzione; trasformando solo se stessa in rendita edilizia speculativa; e, successivamente, in rendita finanziaria.

A cavallo dei due secoli trascorsi, solo poche eccezioni di produttori illuminati, quali ad esempio il “Colosso” di Ugento, seppero apportare nelle loro proprietà fondiarie profonde innovazioni, mentre tutto il resto dell’agricoltura salentina, polverizzata e con contratti di conduzione arcaici, rimaneva come si era caratterizzata dal Medio Evo ai primi anni dopo la seconda guerra mondiale, invece, l’agricoltura barese cambiava volto, specie nella olivicoltura e nelle colture intensive. Da qui, nel Salento, lo spopolamento della campagna e l’abbandono con un vero e proprio esodo emigratorio prima nelle americhe e poi, dopo la seconda guerra mondiale, nei Paesi dell’Europa e nell’Italia del Nord. Nei campi dell’area Jonico-salentina, rimanevano solo le braccia delle donne e dei vecchi braccianti, coloni, mezzadri e piccoli fittavoli. I quali, venivano costretti in fatiche immani, in un’agricoltura di sussistenza, che non poteva generare né sviluppo, né nuova occupazione, tanto meno nuova civiltà!

E, allora, come si poteva richiedere ai giovani di rimanere in quella situazione di fame? Ma gli stessi sforzi compiuti dai quei salentini più “aperti”, grazie all’impiego dei risparmi effettuati negli anni dell’emigrazione, sono stati vanificati da una mentalità tipica di un contesto non proteso all’innovazione; da un sistema del credito che non aiutava – e non aiuta - quelle poche imprese che volevano spiccare il volo. Insomma, intorno alla campagna salentina, tutto sembrava immutabile - per fortuna così è stato anche per il paesaggio rurale, mentre crescevano a dismisura le fabbriche delle produzioni conto /terzi; produzioni che, successivamente, sono divenute vittime della mancata innovazione dei processi produttivi e dei prodotti;tranne poche lodevoli eccezioni, aziende che sono state travolte dalla globalizzazione, trasferendo le loro produzioni a basso costo nei Paesi emergenti: Cina, India e Vietnam in modo particolare.

La riscoperta e l’affermarsi del gusto e dei piaceri di un tempo sulle tavole italiane, grazie al ruolo svolto da altre regioni del nostro Paese, ha indotto anche alcuni cambiamenti nell’agricoltura salentina; cambiamenti che ora possono essere presi a modello da leve più giovani, muniti delle conoscenze tecnico-colturali minime. Ciò ha consentito di condurre con, produttività, un’azienda competitiva quale quella richiesta dal nuovo secolo del Terzo Millennio.

Questo è avvenuto nel comparto della vitivinicoltura, grazie alle successioni di impresa. E, in minima parte nell’olivicoltura, dove tanto ancora rimane da fare. A cominciare dall’arresto di quel funesto “male oscuro” incipiente che potrebbe compromettere non solo la produzione ma anche un intero paesaggio e la sua cultura; un’olivicoltura caratterizzata da un modo di produrre arretrato e lontano dai quei parametri di produttività che si vorrebbe conseguire!

E’ giunto il tempo di dire, parafrasando la metafora del film “In Grazia di Dio”, che se non ti aiuti da solo neanche il tuo Dio può aiutarti!
Nessuno immagina un’ agricoltura bucolica! Perché vi è urgente bisogno di affermare una nuova concezione del comparto primario, del suo ruolo, della sua collocazione nella nuova divisione del lavoro e nella riscoperta dei suoi valori, ragionando proprio in un’ottica di filiera. Innovata e fortemente integrata, e orientata al mercato; un settore capace di recuperare tutto quel plus che fino ad ora si è perso; una filiera che sappia essere anche tutela del paesaggio e dei suoi valori più autentici, ma non arcaici.

Per fare questo, le aziende agricole salentine, hanno bisogno dell’innesto di giovani leve, non solo fresche negli anni, ma nella mente e nel loro modo di apprendere e mettere in pratica le loro acquisizioni, sapendo che il sapere non è dato una volta per sempre, e richiede tanta formazione continua. Perché il moderno analfabeta non è più chi non sa né leggere né scrivere, ma è colui, che ha smesso di imparare!

Ecco perchè urge istituire e avviare presso l’Università del Grande Salento un primo esperimento con l’istituzione di un apposito corso di laurea. E mano a mano che si procede, avvalendosi del metodo sperimentale, si apporteranno i dovuti adeguamenti. Un corso di laurea per i tecnici della filiera agricola-enogastromico-turistica, ma anche tecnici ed esperti indispensabili all’agricoltura dei Paesi a noi dirimpettai; paesi che si sono liberati dalla schiavitù e da forme di vita medioevali. Insomma, stiamo parlando della formazione di tecnici ed esperti di eccellenza, capaci di recuperare il gap e scandire la differenza.

Per tutte queste ragioni, vi chiediamo di firmare questo nostro appello, affinchè il corso di agraria (o,comunque, sarà denominato), diventi subito realtà! La dichiarazione di sostegno fatta dal Magnifico Rettore, prof. Zara, non solo ci incoraggia, ma è molto promettente. Spetta ora al territorio, alle sue banche, alle grandi imprese quali ad esempio Enel, Ferrovie, Sanofi , eccetera, alla Regione, alle associazioni imprenditoriali, mettere le mani in “tasca” e garantire quelle risorse finanziarie senza le quali questo nostro progetto resterebbe solo sulla carta.

I sottoscritti

EDOARDO WINSPEARE – REGISTA
LUIGI PEDONE- CLAAI PUGLIA

ANTONIO BRUNO - CONSIGLIERE NAZIONALE FIDAF - PRESIDENTE ADAF LECCE

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