giovedì 7 giugno 2012

L'olivicoltura in provincia di Lecce

"Il germoplasma olivicolo in provincia di Lecce. Studio sul recupero. conservazione, selezione e caratterizzazione del germoplasma di olivo autoctono del Salento"

3. L'olivicoltura in provincia di Lecce

3.1 Introduzione

L'olivicoltura assume una rilevante importanza economica e sociale che interessa, in modo profondo, quasi tutto il territorio amministrativo della provincia di Lecce. In questa zona della Puglia meridionale, la presenza dell'olivo ha origini remote. ed importanti sono le testimonianze storiche nelle diverse contrade salentine. L'austera presenza di olivi, secolari ed impareggiabili per bellezza e dimensioni, è un elemento evidente della storia agricola di questa zona che, legandosi alle tradizioni della civiltà contadinà è riuscita, nel tempo, a far svolgere all'olivo un duplice ruolo: pianta funzionale nel sistema agricolo per il prodotto che fornisce e garanzia di cultura e umanizzazione del territorio. Nella composizione dell'oliveto salentino, le varietà prevalenti sono "Cellina di Nardò" e l’Ogliarola di Lecce, due varietà di riconosciuta origine autoctona. Le caratteristiche dell'olivo, con la sua grande capacità di adattamento a differenti situazioni pedo-climatiche, a rigenerarsi e ad eternarsi, combinate con l'alta considerazione che tutte le civiltà hanno riservato a questa specie, hanno inoltre contribuito a far assumere alla pianta una integrazione completa con il paesaggio, una particolare peculiarità per capacità produttive ed una continua evoluzione varietale. Ciò si deve in parte all'azione svolta dai fattori climatici che nel tempo hanno favorito l'adattamento delle piante ai diversi microclimi del territorio ed in parte all'opera di selezione svolta nei secoli dagli olivicoltori che, pazientemente, hanno differenziato e propagato olivi che meglio rispondevano alle esigenze del tempo. Così oggi è possibile supporre che sul territorio sia presente una popolazione di genotipi, d'origine antichissima, ma sempre in grado di svolgere un ruolo fondamentale nella difesa della tipicità dell'olio prodotto. Nel tempo l'oliveto si è progressivamente arricchito di una straordinaria variabilità genetica espressa in svariate forme fenotipiche facilmente riconoscibili. Questa biodiversità, se sotto il profilo tecnico-agronomico costituisce un serio ostacolo allo sviluppo del settore, dal punto di vista genetico rappresenta, invece, un patrimonio singolare e meritevole di essere recuperato, tutelato e caratterizzato dal punto di vista agronomico per meglio valorizzare questo importante settore produttivo.

Confermato il ruolo svolto dal genotipo sul processo di produzione dell'olio, sia in termini di razionalizzazione ed economicità delle operazioni colturali e sia in termini di qualità della produzione, è evidente, che il rilancio dell'olivicoltura del Salento se vuole essere mirato a confermare la "tipicità” della sua produzione, non può che basarsi sull'azione di una ricerca mirata a migliorare le cultivar principali presenti sul territorio: "Ogliarola di Lecce" e “Cellina di Nardò", attraverso la selezione clonale, a recuperare e caratterizzare il germoplasma autoctono, e ciò per rispondere alle nuove esigenze della produzione e, naturalmente, per apportare maggiore competitività al settore.

3.2 Cenni storici

Tra fasi alterne di ricchezze e di depressione del settore, numerose sono le notizie storiche e le fonti bibliografiche che, sin dall'antichità, possono testimoniare del livello tecnico e del ruolo sociale svolto dall'olivo nella tradizione e nell'economia della terra salentina. Già all'epoca degli insediamenti greci sulle coste meridionali, l'olivo era una delle principali colture praticate e l'olio salentino era oggetto di importanti e ricorrenti esportazioni verso Cartagine ed il vicino Oriente. Importanti autori dell'antichità, tra i quali Plinio, Catone e Columella, citano nelle loro opere l'importanza delle produzioni oleicole di questa terra che permangono tali nel periodo dell'Impero romano e fino alla successiva epoca di decadenza. Solo in epoca bizantina l'olivicoltura del Salento, al pari di tutta l'agricoltura meridionale, subì una fase di depressione, per poi recuperare il proprio prestigio nel tardo medioevo. Nel X secolo, l'olivicoltura ritrovava riconoscimento in un fiorente mercato oli pregiati della Terra d'Otranto..." fra tutti i popoli che occupa-vano le sponde del bacino del Mediterraneo. Durate il regno di Federico II (1208 - 1250) e le successive dominazioni Angioina prima (1266 -1442), ed Aragonese poi (1442- 1501), l'olivicoltura salentina visse un grande periodo di ricchezza, per poi ricadere in una fase di profonda depressione, coincisa con la conquista di queste terre da parte degli spagnoli (1501-1707) e degli austriaci (1707-1732). L'olivicoltura riusciva, infatti, a svolgere il suo ruolo preminente già subito dopo l'ascesa al trono di Carlo III di Borbone, re di Napoli e di Sicilia (1735-59). Le informazioni sulla diffusione della coltura dell'epoca, sono desumibili da numerosi scritti che testimoniano sia il livello di assoluto splendore dell'olivicoltura salentina e sia i flussi commerciali degli oli che alimentavano mercati nazionali ed esteri. L'importanza del settore era tale che nel secolo XVIII, i mercati di Gallipoli e di Nardò erano in grado di determinare un prezzo all'olio di oliva che aveva valenza a livello nazionale. In tale periodo il Presta (Gallipoli. 1720-1797 ) ebbe modo di precisare che "...segnatamente a noi Salentini, l'olivo colli proventi del suo prodotto, sostiene la vita. Il Moschettini (Martano, 1747-1820 ) scrisse: "questa bella Iapigia ... è in Italia il paese che coltiva i più vasti oliveti, e che fa in conseguenza il più ricco commercio di olii". Alla fine dell'800, la realtà venne riferita in modo puntuale e completo dalla "Inchiesta Jacini", Opera monumentale sullo stato dell'agricoltura e del mondo rurale nel XIX secolo (1877-1885), che può essere considerata una vera e propria trattazione enciclopedica della ruralità di tale periodo (Foto n.1).

All'epoca, le dimensioni delle piante erano generalmente modeste, tranne alcune "maestose e colossali in taluni Comuni dé circondari, come nel Gallipolino, Cutrofiano, Lizzanello, Vernole e specialmente in Strudà, frazione di quest'ultimo nel Leccese. L'olivicoltura provinciale era diffusa su una superficie di 105.749 ettari e forniva una produzione di circa 160.000 quintali di olio (Tabella n.1). L'olivo rappresentava la coltura agraria prevalente anche perché, vaste aree del territorio non erano coltivabili in quanto occupate dal fiorente bosco di lecci e/o dalla macchia mediterranea, oppure si presentavano malsane e paludose soprattutto nelle aree prossime al litorale.


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