mercoledì 16 maggio 2012

A Taranto con Enrico Groves - Aprile 1887

A Taranto con Enrico Groves - Aprile 1887


L' escursione al Capo di Leuca può farsi da Otranto passando per Maglie, Alessano e Santa Maria di Leuca ; e quelli che vogliono intraprendere questa gita alquanto lunga e faticosa saranno ricompensati nel vedere un magnifico panorama ed una flora diversa da quella fin allora incontrata nelle vicinanze di Otranto, e delle specie come Euphorbia dendroides, Convolvulus pentapetaloides e Convolvulus lineatus che imprimono un tipo affatto caratteristico del mezzogiorno d' Europa.

Finita la visita dei dintorni di Otranto, e volendo stabilirsi a Taranto, l' esploratore ha la scelta di due strade. La prima per via ferrata fino a Bari, per poi prendere la linea di Taranto ; e la seconda per diligenza dalla città di Lecce, che dista circa un'ora di ferrovia da Otranto. Tutte e due queste strade sono noiose, la prima per la soverchia distanza da percorrere in ferrovia, e l'altra per le dodici ore di strada polverosa da passare attraverso una contrada per lo più poco ridente. La gita fra Bari e Taranto è abbastanza interessante, perché si traversano le colline di Gioia e Castellaneta, che sono quelle che fanno riparo dai venti nordici al distretto che si avrà poi da esplorare. Poi si fa conoscenza delle serpeggianti gracine o spaccature nella terra che formano la meraviglia di questa regione, e molte sono le rare specie che abitano i pascoli all'intorno o si annicchiano nelle fessure dei dirupi che formano le pareti di questi fossi giganteschi. Fra le specie proprie alle gravine la più bella, senza dubbio, è la Campanula Tenorei. Con una robustezza superiore a tutte lo nostre Campanule, i suoi rami legnosi spuntano dalla roccia in grande profusione, formando dogli splendidi mazzi di fiori azzuri'i che sono proprio incantevoli, specialmente perchè sbocciano nell' autunno quando Flora ha pochi regali da distribuire. Seguendo il viaggio si arriva nei dintorni di Taranto, ove la ferrovia dista poco dal mare, ed il botanico si trova in balia di nuove emozioni, e guardando dalle finestre della sua prigione ambulante cerca di ravvisare qualche vecchia conoscenza fra le molte specie che sfilano davanti ai suoi occhi divoratori.

Per percorrere la seconda delle due strade indicate, cioè da Lecce a Taranto, ci vuole un coraggio piuttosto robusto, trattandosi di passare dodici ore in carrozza col pericolo di rimanere asfissiati da un momento all' altro per il sole e la polvere; ma con un buon poco di pazienza e molto zelo la cosa si fa. Per questa strada, come in diversi punti della nostra regione, si osserva qua e là la coltivazione del cotone, e nei campi dopo la messe si vedono numerose mandrie di pecore per lo più di colore nero o scuro, il solo bianco addosso essendo la polvere, che non manca nemmeno nei campi in questa stagione. Poi in certi punti la macchia abbonda, e estesissime masserie, come fortilizi, fissano lo sguardo che altrimenti girerebbe senza riposo intorno alle vaste pianure da roccia ad arbusto. Tali luoghi sembrano essere la patria della Scilla marìtima, che forma sovente delle lastre di bulbi, i quali, a causa della pressione fra di loro, prendono delle forme poligone di modo che sembrano un grossolano pavimento romano. Poi le spighe giovani di questa abbondante specie fanno rammentare una vasta coltivazione di asparagi, al quale legume hanno molta somiglianza, specialmente perchè lo foglie mancano in questa stagione. In un'altra parte della strada si osservano dei colli piuttosto elevati, che sono gli speroni bassi dell'Appennino; e si prova un sentimento di rammarico dovendo lasciarli inesplorati. Lungo le siepi e nella macchia in molti posti Acanthus spinosissimus fa mostra di sé, e vicino a Taranto il Cardopatium corymbosum è molto frequente. Finalmente si arriva a Taranto e non si pensa ad altro che al riposo, in verità meritato. All'indomani l'esploratore farà bene a girare intorno alle spiaggie occidentali e mettersi in ordine per le escursioni da farsi da questa città ; che sarebbero, prima alla Salina grande, detta anche di San Bruno ; poi a Leucaspide ed a San Pietro in Bevagna. La prima volta che mi trovai a Taranto nessuno mi poteva dire ove si trovasse la Salina grande, ma parlando col cocchiere che mi conduceva a Lecce egli mi disse che conosceva bene quel luogo, e pochi giorni dopo mi trovavo di nuovo sulla strada interminabile di Lecce-Taranto, avendo preso l'impegno dì procurare del seme della rara Halopeplis amplexicaulis che mancava ai nostri musei e che si trova abbondante in quel solo punto dell'Italia continentale. Nella Salina grande, che dista circa tre miglia dalla città verso l'oriente, oltre alla rara specie qui nominata ci sono diverse piante da cogliere, come sarebbero Arthrocnemum macrostachyum e la forma rigida di Slatìce vìrgata ; mentre intorno ai campi e negl'incolti l’Euphorbia aleppica fa buona mostra di sé, ed il Cynanchum acutum, come dappertutto nei pressi di Taranto, si trova abbondantissimo nelle macchie paludose.

La escursione a Leucaspide si fa in carrozza o da Taranto o da Massafra ; l' ultimo paese è situato pittorescamente sulle due parti di una gravina, con alcune abitazioni tagliate nella roccia viva ; e nei dintorni della masseria dell' egregio senatore Lacaita fra altre piante notevoli si possono trovare, secondo la stagione, l’Helìanthemum leptophyllum, la Lagoccia Cuminoides e la bella Campanula Tenorei nonché il Crocus Thomasii. Quest' ultima specie fu ritrovata nella seconda settimana di novembre 1879 dal senatore Lacaita, mentre passeggiava intorno alla gravina di Leucaspide. Pare che il nome di gravina sia stato confuso da Tenore col paese di Gravina nelle Murgie, e perciò il Crocus Thomasii è stato cercato inutilmente nelle vicinanze di quella città. Di queste gravine c' è una serie alla distanza da uno a quattro miglia da La Terza fino a Taranto, e quella sopraccennata ha una lunghezza di circa dieci miglia, e nel tempo delle pioggie è fornita di un piccolo torrente. Essa, come le altre gravine, cambia di nome secondo la masseria che traversa, cosicché quella di Leucaspide è conosciuta altrove dai nomi di Gennarini, di Accetta ecc. In questa escursione può visitare il Pozzo del Gendarme e l' imboccatura del Taro. Rimane una terza gita che è più formidabile, trattandosi di prendere la diligenza a Manduria, poi di là recarsi a San Pietro in Bevagna sulla spiaggia del golfo. Qui il Canale di S. Nicola, il fiume Chitro, le macchie ed un ricco littorale danno compenso delle fatiche sofferte.

Estratto dal Nuovo Giornale Botanico Italiano, Voi. XIX.

N. 2, Aprile 1887

FLORA DELLA COSTA MERIDIONALE DELLA TERRA D' 0TRANTO, PER ENRICO GROVES.

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